Riporto il testo di una domanda che ho ricevuto (e ringrazio chi l'ha fatta) sull'indicatrice delle tangenti e sull'interpretazione dei vettori tangenti. La risposta è piuttosto lunga, forse più di quanto chiedesse l'autore della domande, ma è una buona occasione per precisare alcuni concetti.
Spero di non creare più dubbi di quelli iniziali. Come sempre, se qualcosa non è chiaro o volete saperne di più, basta chiedere.
DOMANDA: La funzione indicatrice delle tangenti associa ad ogni numero s0 di [0,L] un punto P in R3.
Se considerassimo invece OP vettore, troveremmo la tangente in α(s0) della nostra curva C, dove O è l'origine del sistema.
Mi chiedevo se effettivamente, data una curva differenziabile α, ogni qualvolta si calcoli un vettore tangente in s0 questo sia pensato come vettore OP di un certo sistema di riferimento fissato e che quindi soltanto se traslato in α(s0) rappresenti un vettore tangente, per come lo si immagina usualmente.
RISPOSTA: Fino ad ora non abbiamo prestato molta attenzione a questo probema, che si porrà invece quando studieremo le superfici perché faremo un maggiore uso dei vettori tangenti. Riprenderemo quindi la questione nelle prossime lezioni, però è bene rispondere subito alla domanda, anche per prepararsi meglio a quello che verrà.
La risposta sta nella "confusione" accennata nell'Osservazione alla fine di pagina 1 della Lezione 1.
Su R3 convivono le strutture di spazio affine, i cui elementi sono PUNTI e di spazio vettoriale, i cui elementi sono VETTORI. Per "vedere" la differenza pensiamo a:
- spazio affine = GEOMETRIA: gli enti geometrici (rette, curve, ...) sono costituiti da PUNTI
- spazio vettoriale = ALGEBRA (LINEARE): i vettori sono enti algebrici perché si possono sommare, moltiplicare per scalari, calcolare prodotti scalari e vettoriali, ..., cioè ci sono delle operazioni definite su di essi che producono altri vettori.
Siamo abituati a pensare alla "retta tangente" come un oggetto geometrico (questo è giusto) e cioè come la RETTA che meglio approssima la curva nel punto: per individuare questa retta usiamo il PUNTO DI PASSAGGIO (geometria) e la DIREZIONE DEL VETTORE TANGENTE (algebra).
Quello che lei dice nelle ultime parole "un vettore tangente, per come lo si immagina usualmente" in realtà non è propriamente corretto: quello che lei immagina abitualmente è la RETTA tangente, oppure il VETTORE APPLICATO (questa è la terminologia che si usa in Fisica).
Osservi che i vettori applicati non si possono in genere sommare fra di loro, si può fare solo se sono applicati allo stesso punto. Inoltre vettori apparentemente uguali, ma applicati in punti diversi devono essere considerati distinti. I vettori applicati in R3 non formano uno spazio vettoriale ma, raggruppati in base al punto di applicazione, formano molti spazi vettoriali, tutti isomorfi a R3 e quindi tutti isomorfi fra loro. L'insieme di tutti questi spazi vettoriali ha un nome ("fibrato tangente a R3") e introdurremo questo concetto fra un po'. Verrà approfondito e usato in corsi più avanzati, come Meccanica Razionale al terzo anno e tutti i corsi di Geometria o Fisica Matematica della Magistrale.
Per distinguere bene due concetti, è meglio assegnare loro nomi diversi. Lasciamo al termine "retta tangente" il suo significato usuale detto prima e introduciamo il nuovo nome "spazio tangente" per l'insieme di tutti i vettori paralleli al vettore tangente e cioè ai vettori della forma ct, dove t è il tangente e c uno scalare reale arbitrario.
Il nome "spazio tangente" ci ricorda che questo è uno spazio vettoriale, ed è un sottospazio di R3 considerato come spazio vettoriale. Per una curva, lo "spazio tangente" ha evidentemente dimensione 1 (= dimensione della curva).
Faremo una distinzione analoga per le superfici: chiameremo "piano tangente" quello geometrico, appoggiato alla superficie, mentre diremo "spazio tangente" quello algebrico, le combinazioni lineari di tutti i vettori tangenti. Per le superfici, lo spazio tangente avrà ovviamente dimensione 2 (= dimensione della superficie).
Se vuole, può pensare alla retta tangente come il traslato dello spazio tangente in modo che passi per il punto in cui abbiamo preso il vettore tangente.
Arriviamo finalmente all'indicatrice delle tangenti: ci sono due modi equivalenti per definirla.
- modo 1 (elementare): prendiamo la parametrizzazione per arcolunghezza della curva
α : I → R3
(in questo caso R3 è lo spazio AFFINE).
Deriviamo: otteniamo una funzione α'(s) : I → R3 e immaginiamo nuovamente il codominio R3 come spazio AFFINE. La parametrizzazione ottenuta è l'indicatrice delle tangenti e ovviamente sta sulla sfera unitaria, perché tutti i vettori della forma α'(s) hanno norma 1.
- modo 2 (sofisticato): prendiamo la parametrizzazione per arcolunghezza della curva
α : I → R3
(in questo caso R3 è lo spazio AFFINE).
Deriviamo: cosa otteniamo? Per ogni punto s0 otteniamo un VETTORE APPLICATO α'(s0), che sta nello spazio vettoriale di tutti i vettori applicati in α(s0). Come detto prima, questi vettori stanno i spazi vettoriali DIVERSI ma tutti isomorfi fra loro e isomorfi in "modo naturale" a R3 (naturale significa che c'è un isomorfismo ovvio, quello dato dal guardare solo alle sue componenti e cioè pensare al vettore come "non applicato").Possiamo dunque pensare a tutti questi spazi vettoriali come lo "stesso" e guardare i vettori dentro di esso. Si ottiene il codominio del modo 1 e si ottiene la stessa indicatrice delle tangenti.
Osservi che questo "isomorfismo naturale" è esattamento quello descritto nella prima parte della sua ultima frase